Sei alla ricerca di una guida un po’ diversa per scoprire una delle città più interessanti degli USA? Leggi “San Francisco. Ritratto di una città” di Elena Refraschini!
“San Francisco, per me, è sempre stata poesia. Dico questo perché sono stati i libri a rendermi una viaggiatrice: prima che promontori fisici, quelle colline sono state ammassi di lettere, parole, pagine. Allo stesso modo, prima che essere aria fredda in viso, la nebbia è suggestione che ha ammaliato i tanti figli d’America trasferitisi qui, attratti tanto dalla sua topografia folle quanto dalle prospettive di ricchezza: venivano dal Missouri, dall’Ohio, da quella middle America tutta lineare – le strade, il cielo, l’orizzonte – per essere accolti in questo luogo pieno di curve, linee interrotte, prospettive assurde che disorientano e acuiscono lo sguardo. San Francisco doveva apparire un luogo più magico che reale anche agli inizi della sua storia, una città bianca che sorgeva come un miraggio al confine più estremo della frontiera americana.”
Il libro di Elena mi ha lasciato dentro un sacco di riflessioni, infatti questo post l’ho iniziato almeno 4 volte in 4 modi diversi. Non so da dove cominciare, e so che alla fine scriverò la metà di quello che vorrei dire! Sono belli i libri così, vero? Quei libri in cui resti intrappolato per un bel po’ di tempo anche dopo aver voltato l’ultima pagina. Devo dire, però, che con un libro di questo genere non mi era mai successo.
Di solito mi succede coi romanzi, magari con un bel thriller o con una storia piena di trame nella trama. Il libro di Elena, invece, è una guida turistica! Però è una guida turistica sui generis, infatti troverai davvero poco di simile a questo libro in giro: San Francisco. Ritratto di una città è il libro in cui Elena ha riversato tutta la sua conoscenza, la sua vicinanza e le sue emozioni nei confronti della città che l’ha accolta a braccia aperte tanti anni fa o, forse, fin da quando ha iniziato a leggere quei libri che, indirettamente, la raccontavano. Il libro è una guida perché certo non è un romanzo, ma non troverai la lista dei 10 migliori ristoranti dove mangiare in centro, o l’elenco puntato delle principali attrazioni turistiche: è in verità un vero e proprio libro di viaggio, una sorta di grande racconto composto da tanti racconti diversi, ognuno incentrato sui tanti volti di quella che è sicuramente una delle città più eclettiche e capaci di rinnovarsi al mondo.
La prima cosa che ho amato di questo libro…
“Il processo di innamoramento verso una città non è molto diverso da quello che ci lega agli esseri umani. Innamorarsi di una città significa imparare a distinguerne la geografia tra mille, avvertire quel profondo senso di riconoscimento che parte nella pancia e sale nel petto, sentire che il proprio corpo e la fisicità di lei, pian piano, si fanno tutt’uno. Significa riconoscere i suoi suoni come si riconoscerebbe la voce di un vecchio amico, percorrerne i sentieri come le rughe di un anziano genitore.
L’innamoramento è fatto di un’esplorazione iniziale, una graduale capacità di orientarsi, per arrivare infine alla scoperta di luoghi del cuore: sono i luoghi che acquistano stratificazioni di significato che sono solo nostre, e sono proprio queste a richiamarci dopo un periodo di separazione.”
La prima cosa che ho amato di questo libro è l’amore di Elena nei confronti di San Francisco: un amore che si riflette in ogni singola parola dedicata a questa città. Io sono stata a San Francisco due volte, nel 2007 e nel 2011. Forse 6 giorni sommando tutto: il tempo a malapena necessario per riuscire solo a scalfire la superficie di una città così piena di storia e di storie diverse. Nonostante la nebbia e il freddo e la stanchezza di quei giorni, io di San Francisco mi sono innamorata, entrambe le volte. L’ho trovata una città diversa dalle altre “famose” degli Stati Uniti che avevo visitato; una città diversa da qualsiasi altra città del mondo, a dire la verità. In quegli anni, se mi veniva chiesto, dicevo che la mia città preferita al mondo era San Francisco. Adesso naturalmente mi rendo conto che serve più tempo e più pazienza per conoscere una città e la sua anima così bene da poterla assurgere al ruolo di città preferita: però San Francisco ha sempre evocato bei ricordi e immagini di una città nelle mie corde.
“Per molti, oggi, il mito dell’Ovest è incarnato dalle palme losangeline che sembrano accarezzare il cielo; nelle autostrade perennemente intasate della megalopoli tentacolare; nel mistero delle sue finestre scure.
Ma per me, la città dei sogni è ancora San Francisco: venditrice di speranze e illusioni, talvolta crudele ma sempre incantatrice. Una città dalle braccia aperte, che lascia soffiare dentro di sé i venti della libertà, il respiro agrodolce del successo e del fallimento, ma soprattutto accoglie le persone e la loro infinita ricerca (o perdita) di se stesse, tra l’incertezza dei vicoli nebbiosi e la stella polare di un’insegna al neon.”
Le parole di Elena mi hanno fatto immediatamente ricordare cosa ci fosse di così magico e unico in San Francisco, e mi è venuta una voglia immensa di tornarci e di visitarla come lei suggerisce: con calma, lentezza, consapevolezza, alla ricerca dei punti più intimi da cui vederla, scoprendo le tracce delle sue tante storie.
San Francisco e i suoi volti: tanti, diversi, inaspettati
Sì, perché questa città di storie ne ha tante. San Francisco. Ritratto di una città le racconta tutte; ogni capitolo è incentrato su un periodo storico, culturale o sociologico di San Francisco, dall’era precolombiana a oggi: ci sono i metodi di caccia e il linguaggio ormai sconosciuto degli Ohlone, l’intensità della storia di Mission, i personaggi della Summer of Love, le incredibili stramberie della Barbary Coast (non dimenticherò mai la storia di Miss Piggott, e scommetto che resterà impressa anche nella tua mente quando leggerai il libro!), poi libri, film, la corsa all’oro e tante altre facce di un caleidoscopio per un totale di 10 capitolo interessanti, sorprendenti e immensamente ben scritti.
Leggi cosa dice di Chinatown, per esempio:
“Mi innamorai di Chinatown una sera autunnale di diversi anni fa. Ero appena uscita da un microscopico ristorante con la tappezzeria color cimice dove un cameriere aveva cercato di insegnarmi come mangiare i peperoncini dal mio piatto di manzo piccante in maniera indolore. Non ero riuscita a imitarlo, ma non mi sarei mai dimenticata del suo gesto gentile. Quella sera un forte acquazzone stava inondando Grant Street, accendendola di tonalità acquerellate. Le lanterne sopra la mia testa traballavano nel riflesso luminoso ai miei piedi, mentre tutti cercavamo un riparo momentaneo. Uno sfavillio color rubino e il tamburellante incessante sui tetti dell’antico quartiere: è stato questo che, inaspettatamente, mi ha catturata.”
Oppure, alcune piccole riflessioni sulla tribù degli Ohlone:
“Soltanto un verso, straordinariamente evocativo, è arrivato fino a noi delle canzoni Ohlone: “danzando sul ciglio del mondo”. Possiamo quasi vedere con i nostri occhi un ragazzo che si sveglia all’alba cinto solo da una striscia di pelle di coniglio, uscire dalla sua tenda e volgersi a est, salutando il sole nascente dalle colline, dando così le spalle alle scogliere del Pacifico: la fine del mondo come tutti loro lo conoscevano.”
Gran parte del merito è di Elena…
Un’altra cosa che ho adorato è lo stile di scrittura di Elena. La conosco da qualche mese, ci vediamo raramente ma ho imparato ad apprezzare la sua sensibilità, il suo amore per i libri e la scrittura, la sua proprietà di linguaggio invidiabile (ogni tanto infila nelle frasi una parola in inglese perché mischia continuamente le due lingue, ma io l’adoro anche per questo!) e la sua passione in ogni cosa che fa. È stato particolare leggere, stampate nero su bianco in un libro, le parole scelte da una persona che conosco di persona: tutte le qualità che ho scoperto in lei le ho ritrovate nel libro, e sono rimasta incantata da alcune delle descrizioni che ho letto.
“Ogni volta che torno in California, mi piace ricevere il primo abbraccio di benvenuto nella città da qui. Mi trovo sulle alture che si alzano a est di Berkeley, dall’altra parte della baia. Cammino sulla terra secca, schivo i cespugli di artemisia mentre ammiro gli arabeschi di luce che il sole disegna filtrando tra gli aceri e le querce. L’aria è fresca, e porta con sé l’odore salmastro dell’oceano e quello fresco degli eucalipti che punteggiano tutta la costa del Pacifico. Da qui, quello della civiltà sembra essere un mondo lontano. Eppure eccola, San Francisco, proprio davanti agli occhi oltre lo scampolo d’oceano nella baia. I grattacieli del centro finanziario il profilo timido ma indomito di Telegraph Hill; e poi il Golden Gate, sottile come un sogno al risveglio, e la verdeggiante contea di Marin sulla destra.”
E ancora:
“Le colline scuotono la nostra percezione visiva mentre arrotiamo gli angoli e giriamo attorno alla cresta dei colli. Le guglie e i profili si nascondono e poi improvvisamente riemergono, in un paesaggio che abbonda di percorsi inclinati e strade ad angolo che mettono alla prova anche la più lignea sospensione del dubbio. Parliamo di queste strade, cariche di infinite suggestioni e curiosi paradossi per il camminatore urbano. Vi basterà spiegare una qualsiasi carta della città per rendervi conto che San Francisco è anarchica non solo nello spirito, ma anche nelle sue fattezze fisiche.”
Leggi, poi, come descrive meravigliosamente il Golden Gate Bridge, il simbolo per antonomasia di San Francisco e una delle meraviglie umane di questo mondo:
“Tutto nel Golden Gate è pura poesia: le sue torri rosse, granitiche eppure leggere grazie alle fessure art decò tra le due colonne, la sua campata impossibilmente ampia, le funi verticali appese come corde di un’arpa gigantesca. Il movimento dei cavi possenti che volano in alto, raggiungono la cima della prima torre, piombano giù e risalgono, di nuovo sfiorano il cielo e poi planano in basso verso la seconda spalla del ponte, aggrappata alle verdeggianti colline di Marin. Un movimento curvilineo leggiadro quanto un passo di danza, sinuoso come le tracce disegnate nell’aria da un direttore d’orchestra.
Non c’è luogo di culto, in questa città senza dèi, più importante di questa cattedrale d’acciaio a cui i visitatori si avvicinano con la stessa deferenza che si riserva a un tempio. La risposta a tutte le domande, il principio e insieme la fine di ogni viaggio.”
San Francisco. Ritratto di una città
Questo libro di viaggio è davvero il modo migliore di visitare San Francisco senza prendere un aereo. Perché qui troverai tutti i suoi luoghi iconici nascosti tra un racconto e l’altro, ma anche le viste dall’alto, gli scorci più intimi, i quartieri più periferici, i dettagli e le storie delle persone comuni, i viaggi nel tempo nella storia giovane ma estremamente intensa e variegata di questa città. E il libro sarebbe sì bello, ma non così bello se non ci fosse stata la sensibilità della penna di Elena a raccontarti tutto. Te lo consiglio se desideri visitare San Francisco, se hai intenzione di partire oppure se è solo nella tua wish list, se ti ispira oppure per niente, se ci sei stata e l’hai adorata oppure ne sei rimasto deluso. Io so che, se tornassi domani a San Francisco, la vedrei sicuramente con occhi diversi da quelli delle mie prime volte in quella città, cercherei dei dettagli che sfuggono a chiunque, incontrerei una città viva sotto infinite stratificazioni storiche e sociali. Una città viva, con un futuro tutto aperto, e ancora altrettante storie da raccontare.
L’intervista a Elena Refraschini
Adesso la smetto di straparlare e ti lascio alle parole di Elena, che ha gentilmente risposto alle domande che ho pensato per lei. Spero che in questo modo tu possa conoscere meglio lei e l’inizio della sua storia d’amore con San Francisco, e magari spero di invogliarti a leggere il libro… credo tu abbia capito che per me vale la pena 🙂
Prima di lasciarti all’intervista, ti lascio un messaggio che Elena mi ha chiesto di recapitarti: venerdì 26 ottobre alle 20.30 presenterò il mio libro a Verona, in collaborazione con la bellissima libreria di viaggio Gulliver. Se siete in zona, passate per un saluto! 🙂
Per restare aggiornato sugli eventi legati al libro o per continuare a viaggiare dentro a questa città, puoi seguire Elena sul suo blog, Storie di San Francisco, o sulla sua pagina Facebook.
1. Raccontaci di com’è nata la storia tra te e San Francisco: quando e quanto ci sei stata? E perché hai scelto proprio lei? Che cosa ti ha spinto da lei piuttosto che da un’altra città americana o nel mondo?
Come tutti i miei viaggi, lo stimolo è stato innanzitutto letterario: durante il primo anno di liceo avevo incontrato “Sulla strada” di Kerouac e da lì diversi altri scrittori che gravitavano attorno alla Beat generation. Quando si è trattato di decidere dove andare in vacanza studio negli Stati Uniti, non ho avuto dubbi: la città che mi chiamava, che mi aveva sempre chiamata, era San Francisco. Ho passato un mese ospitata da quella che chiamo la mia “nonnina” americana, il primo soggiorno di tanti negli ultimi quindici anni. È stata anche lei a farmi innamorare della sua città: viene dal Midwest, ma ama definirsi “una vera ragazza californiana nel cuore”. Credo che il destino abbia voluto che ci incontrassimo.

2. Nel libro racconti di tantissimi volti diversi di San Francisco: dalle tribù indigene alla Barbary Coast, da Castro alla Summer of Love, da Chinatown alle storie della Mission. Qual è il volto alla quale ti senti più legata in assoluto, e perché?
Non saprei citare un volto a cui sono più legata in città, forse perché ognuno di questi ha per me un significato particolare. La storia degli indiani Ohlone mi ricorda che c’è storia anche dove non ci sono monumenti tangibili a testimoniarla, Castro che i primi Gay Pride erano vere rivolte popolari, la Mission che l’equilibrio delle nostre città è fragile e va protetto. Sono certa che chiunque viaggi in città saprà, come me, trovare il volto a sé più congeniale.
3. Se tu avessi la possibilità di trasferirti per sempre a San Francisco, lo faresti? Dove ti stabiliresti?
Mi capita spesso di dover rispondere a questa domanda, e la verità è che non credo che lo farei. Da una parte vorrei tanto vivere più vicina alla mia famiglia d’adozione (la nonnina ormai ha 83 anni e vorrei tanto poterle stare accanto); dall’altra parte, gli Stati Uniti sono un paese dove vivrei col cuore pesante. È il luogo dei sogni, certo, ma è anche una terra spietata. Troppe armi, troppo patriottismo, poca compassione verso il prossimo (sto generalizzando, naturalmente). Ci passo volentieri qualche settimana ogni anno, ma non vorrei stabilirmi lì.
4. E se invece tu potessi viaggiare nel tempo, quale epoca storica di San Francisco ti piacerebbe rivivere sulla tua pelle?
Mi servirebbero mesi per riflettere su questa domanda! Siccome non li abbiamo, risponderò istintivamente: avrei voluto poter essere presente nell’epoca precolombiana per sentir parlare i nativi americani. Oggi le loro lingue sono quasi scomparse e quando ci penso mi si spezza il cuore. E poi, ma questo è un desiderio puramente egoistico, ho sognato diverse volte di sentir cantare dal vivo Janis Joplin: mi sarebbe piaciuto vivere qualche giornata nel Haight-Ashbury negli anni Sessanta solo per poterla incrociare per strada.
5. Come ti è venuta l’idea di scrivere un libro legato a San Francisco, e quali sono state le difficoltà nello scrivere un libro su una città così eclettica?
Conoscevo da tempo le attività della casa editrice Odoya, che pubblica guide di viaggio poco tradizionali. Mi piaceva molto il modo che avevano i loro libri di trattare le città, come prismi inesauribili e cangianti. Ho sempre amato raccontare le storie della mia città d’adozione, allora ho proposto loro di pubblicare un volume dedicato a San Francisco e hanno accettato con entusiasmo.
Non è stato facile all’inizio mettere ordine nelle storie che volevo seguire. San Francisco, come racconto nel libro, è piccola e molto giovane. Eppure è una “polis della mente” molto più grande rispetto ai suoi confini geografici. Le storie sarebbero state infinite, dunque a malincuore ho dovuto tagliare tanto. Ma che fatica, tagliare!

Passiamo ai consigli utili!
6. Se potessi dedicare del tempo solo a due delle attrazioni più famose di San Francisco, quale mi consiglieresti?
In una giornata a San Francisco, non vorrei sicuramente tralasciare il Golden Gate Bridge. Poi andrei verso uno dei tanti punti panoramici per godere della vista dall’alto e ammirare tutte le attrazioni che lascerò per la visita successiva (ho barato un pochino, ma non riesco a scegliere due attrazioni soltanto!).
7. Hai qualche posto un po’ fuori dai “normali” circuiti turistici da farci conoscere?
Dato che il biglietto per andare ad Alcatraz va prenotato settimane prima e a volte le code sono fastidiose, mi piacerebbe suggerire un’alternativa: Angel Island. C’è sempre il traghetto con le viste mozzafiato sulla baia, ma l’isola è un parco naturale poco frequentato e molto interessante dal punto di vista storico. Batte Alcatraz dieci a uno.
8. A me piace un sacco fare “urban trekking”: qual è l’itinerario più bello da seguire in città, per circa un’ora di cammino?
San Francisco è una città piccolina se comparata alle grandi metropoli americane, quindi la si può visitare facilmente a piedi (a patto di accettare le frequenti e ripide salite e discese). I quartieri centrali – il Financial District, North Beach e Chinatown – si possono toccare in poco più di un’oretta di cammino. Ultimamente però i miei percorsi urbani gravitano nei quartieri più periferici, tipo la Mission o il Duboce Triangle, solo per ammirare i dettagli delle casette vittoriane col naso all’insù. Me ne sono innamorata!

9. Parliamo di cibo! Consigliaci tre cose da assaggiare e… dove assaggiarle!
Numero uno, il clam chowder servito nella pagnotta acidula tipica di San Francisco. Il mio preferito è quello di Boudin, ma ogni sanfranciscano avrà un’opinione diversa su quale sia il migliore. Numero due: la zuppa di pesce di Cioppino’s. Numero tre: il giga-burrito de La Taqueria, nella Mission. Vale tutte le ore passate in coda ad annusare l’odore del manzo alla griglia e della guacamole fresca.
10: In pieno stile Exploreading: oltre al tuo, hai altri libri legati a San Francisco da consigliare?
Avrei troppi libri da consigliare legati a questa città, devo per forza adottare un criterio di selezione. Tra gli autori americani, consiglio il mio preferito: i Racconti di San Francisco di Armistead Maupin. Tra gli italiani, ho amato le storie di vita vissuta a San Francisco contenute in “I Jeans di Bruce Springsteen” di Silvia Pareschi. Silvia, una delle maggiori traduttrici italiane di scrittori americani, passa una parte dell’anno a San Francisco e il suo sguardo acuto vi accompagnerà in una città bizzarra, talvolta difficile ma sempre magnetica.
INFO SUL LIBRO
–Titolo: San Francisco. Ritratto di una città
–Autrice: Elena Refraschini
–Editore: Odoya
–Anno di pubblicazione: 2017
–Luoghi toccati: San Francisco
–Lo consiglierei a: chi, per mille motivi, desidera scoprire San Francisco in modo insolito ma pieno di senso, storie ed emozioni.
–Non lo consiglierei a: chi cerca una guida turistica in senso stretto, con una maggioranza di informazioni utili e pratiche su come visitare San Francisco.
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Roberta
Settembre 10, 2018Non sono mai stata a San Francisco ma questo libro mi incuriosisce nello scoprirla.
Grazie 🙂
Agnese - I'll B right back
Settembre 10, 2018A me ha fatto venire una gran voglia di tornarci!! 🙂