Le coordinate di felicità di Gianluca Gotto è un libro che parla di viaggi, ma anche di come la vita stessa sia un viaggio verso la propria idea di felicità. Le coordinate di Gianluca sono l’amore, il sogno, la ribellione, la libertà: quali sono le tue?

Ti capita mai di leggere un libro e di restare sospeso su due, tre, dieci sensazioni diverse? Fluttuare così, da un polo all’altro della scala delle emozioni, e non capire quale sia la predominante. Non volerlo capire neanche, a dire il vero. Ecco: con Le coordinate della felicità di Gianluca Gotto, l’ormai celebre autore del blog Mangia vivi viaggia, è successo più o meno questo.
Ancora prima di iniziare, devo ammetterlo, la sensazione prevalente era scetticismo: pensavo che Le coordinate della felicità di Gianluca Gotto fosse uno di quei libri di “auto-aiuto”, per così dire, di quelle che “se vuoi puoi”, “segui il mio esempio e vedrai che ce la fai”, e tutte cose di questo tipo che a cui io, a dirla tutta, sono abbastanza allergica. Mi sono avvicinata a questo libro per scriverne una recensione per lavoro, ero diffidente e incuriosita allo stesso tempo. Dopo è arrivato un sottile apprezzamento: dai, questo Gianluca alla fine scrive mica male, niente frasi complesse, niente insegnamenti da guru santone, niente esagerazioni o estremismi.
Poi è arrivata l’immedesimazione: l’arrivo in Australia, la fatica e l’entusiasmo di vivere dall’altra parte del mondo, la voglia di farcela, la fiducia incondizionata nei confronti degli altri, la perdita di sicurezze, il crollo psicologico del ritorno a casa, la volontà (e il bisogno) di riprovarci da un’altra parte, e arrivare infine a dove si è adesso, consapevoli delle conquiste ma anche degli errori delle esperienze passate, sicuri che tutto ciò ci abbia portato a ciò che si è nel presente. Certe storie mi sono sembrate così simili alle mie, e ho capito che noi viaggiatori alla fine siamo un po’ tutti così: ci rispecchiamo nelle esperienze degli altri, ci riconosciamo da lontano, ci immedesimiamo all’istante.

Le coordinate della felicità di Gianluca Gotto: di che cosa parla il libro?
“Io a godermi quella vita non ci riuscivo. Mi sembrava di sprecare il mio tempo e questa situazione mi angosciava terribilmente. Non riuscivo a perdonarmi, volevo giornate memorabili e ricche di emozioni. Non mi interessava essere giusto, volevo essere felice.“
Gianluca Gotto ha scritto Le coordinate della felicità per raccontare la sua storia, prima di tutto. Una storia molto simile a quella di tanti giovani che si sentono ingabbiati da una vita che non si sono scelti, ma che è solo piombata loro addosso. Credo che la nostra generazione sia nata e cresciuta in un’epoca tale che, a volte, molti di noi non prendono davvero la strada che desiderano e per cui sentono di voler lottare; “ci si ritrovano”, piuttosto, in mezzo a un lavoro o un’università o una compagnia di amici o una relazione che boh, va bene così e non so neanche bene perché.
Gianluca aveva solo una priorità: uscire da quella gabbia ed essere lui stesso il direttore d’orchestra della sua vita. Inizia così il peregrinare tra Australia, Canada e Sud Est Asiatico, alla ricerca della felicità. Ma quale felicità? In alcuni punti del libro ho temuto che Gianluca volesse far credere che la felicità sia solo quella: fuggire, andare altrove, vivere in maniera alternativa rispetto a quello che la società ci chiede.
Cosa ho imparato da Le coordinate della felicità di Gianluca Gotto
“[…] ormai avevo una certezza: l’unico modo per trovare una risposta alla mia infelicità era fare qualcosa. Cercare il cambiamento a qualsiasi costo, senza paura di essere giudicato.“
Ecco, alla fine credo che stia tutto qui, l’insegnamento del libro di Gianluca. O forse questa frase mi piace così tanto perché mai mi sono trovata così d’accordo con qualcosa, mai nessuna filosofia mi rispecchia più di questa: fare, muoversi, non restare mai fermi; evolvere, evolvere, evolvere continuamente. Noi essere umani siamo fatti per questo, e chi accetta la propria condizione di staticità in modo passivo, credo, non potrà mai essere davvero felice.
Ma muoversi verso quale direzione? Gianluca non lo dice, ed è giusto così: sono diverse le coordinate della felicità per ognuno di noi, perché ognuno di noi insegue la propria, personalissima idea di felicità. Che sia in ufficio o su una spiaggia balinese, da soli o circondati da famiglia e amici, con la passione per i libri o le chitarre, i cimiteri gotici o la moda alternativa, gli acquari o la pittura… chi se ne frega, l’importante è muoversi. Trovare la propria idea di felicità, inseguirla, lanciarsi, migliorarsi, vivere.

L’intervista a Gianluca Gotto
Alla fine il libro me lo sono goduto: l’ho trovata una lettura leggera e profonda allo stesso tempo; alcune frasi mi hanno lasciato dei dubbi, altre mi hanno fatto riflettere, altre ancora hanno fatto vibrare corde nascoste da qualche parte dentro di me. È stata una lettura interessante, la storia di una persona semplice e felice, che può ispirare a muovere le persone per il meglio. E c’è il viaggio, c’è sempre il viaggio, a rendere tutto più bello, più forte, più intenso. Il viaggio è movimento per antonomasia, è l’esperienza che ti apre la mente, te la spacca proprio in due, e ti ci infila dentro tutto il meglio di te e del mondo.
Così, ho pensato di contattare Gianluca e di fargli alcune domande su di lui, il suo percorso e Le coordinate della felicità. Lui è stato gentilissimo e ne è uscita un’intervista davvero molto bella, secondo me. Sono contentissima di regalartela qui, spero che piaccia anche a te. 🙂
“Non esiste la libertà se ti limiti a obbedire senza mai mettere in dubbio nulla.“
1. Ciao Gianluca! Parlaci un po’ di te e di cosa fai attualmente nella vita.
Ciao Agnese, grazie per ospitarmi sul tuo blog 🙂
Potrei dirti che ho 29 anni e sono nato a Torino ma questo cosa direbbe davvero di me? Praticamente nulla. Preferisco farmi definire da ciò che mi rende felice rispetto alle etichette. Sono un nomade digitale, ovvero lavoro online mentre giro per il mondo. Nello specifico scrivo, articoli e libri. Amo i libri, la musica, il cibo indiano e le persone che non hanno paura di essere se stesse.
2. Hai voglia di raccontarci brevemente come sei arrivato a questo punto, a fare questo nella vita?
Ho iniziato questo percorso di “nomadismo” diversi anni fa, all’inizio senza l’aspetto digitale: a vent’anni mi sono trasferito a vivere in Australia, un paio di anni dopo in Canada. Poi ho pensato che sarebbe stato bello potermi muovere da un paese all’altro senza dover cercare un lavoro tradizionale che mi avrebbe vincolato a certi orari e luoghi e mi avrebbe reso schiavo dei visti. Volevo essere libero di poter vivere secondo le mie regole, non quelle determinate da altri. In quel momento ho deciso che avrei fatto di tutto per diventare un nomade digitale.
3. Le coordinate della felicità è proprio il racconto di tutto questo, del tuo percorso da ragazzo insoddisfatto a uomo felice (super riassunto!). Come ti è venuto in mente di scriverne un libro?
Ho deciso di scrivere un libro sul mio percorso perché in Italia c’è una mentalità molto chiusa e limitante per quanto riguarda le scelte di vita. La maggior parte delle persone è convinta che possa esistere un solo percorso di vita giusto, quello per cui devi trascorrere tutta la tua esistenza in un solo posto a fare un solo lavoro e a frequentare sempre le stesse persone osservando sempre lo stesso orizzonte. E tutti quelli che provano ad allontanarsi da tutto ciò sono degli illusi o dei folli. Anche io pensavo che fosse questa la realtà, poi ho iniziato a viaggiare. Ho osservato il mondo, ho conosciuto persone straordinarie, ho ripreso a sognare una vita diversa e alla fine l’ho realizzata. Viaggiare mi ha insegnato che non esiste qualcosa di giusto a priori, ma esiste una dimensione giusta per noi e magari per nessun altro.
Ho scritto “Le coordinate della felicità” per mostrare che le alternative esistono, e sono meravigliose. È rivolto a chiunque, ma specialmente ai tanti giovani che in Italia si sentono senza speranze e condannati a un lavoro precario e sottopagato. A loro vorrei far capire che il mondo è grande e pieno di opportunità.
4. Qual è stata la parte più difficile, e quale la più gratificante, di scrivere il libro?
La parte più difficile è stata riuscire a rielaborare tutte le riflessioni e i ricordi di vita e di viaggio accumulati in circa sette anni. Ho diversi taccuini pieni di appunti e rileggerli tutti è stata una sfida intrigante ma anche difficile, a tratti. Ma questo tuffo nel passato mi ha anche consentito di imparare una grande lezione: quello che ci succede nella vita va giudicato nel tempo. A volte ci capita qualcosa che ci appare come molto negativo, ma nel tempo si trasforma in una benedizione. Penso, ad esempio, a quando sono stato costretto a lasciare il Canada da un giorno all’altro: ero disperato, mi sentivo vittima di un’ingiustizia. Eppure se quell’episodio non si fosse verificato, probabilmente non sarei mai diventato un nomade digitale e non avrei mai visitato il sud-est asiatico. Non avrei mai trovato in Bali la sensazione di essere a casa.
La parte più gratificante è stato rileggere tutto il libro finito, rendermi conto di questo strano e incredibile percorso. Con gli occhi un po’ lucidi.
5. Nel libro racconti molti aneddoti e molte esperienze di viaggio: ti va di raccontarne una, la più speciale, per i miei lettori che non hanno ancora letto il libro?
Forse il mio preferito è quello che racconto nel capitolo “Pad Thai”, perché quel momento fu il coronamento di un sogno che per tutti (tranne per la mia ragazza) era irrealizzabile. Ero appena arrivato in Thailandia e decisi di mangiare un Pad Thai per strada, in piedi, in mezzo alla fiumana di persone e al folklore della Khao San Road. Mi guardavo intorno come un bambino affascinato dal mondo. In quel momento mi sentivo protagonista di un film straordinario, scritto e diretto da me stesso. Ero in quella nazione che già amavo, pronto a viaggiare a tempo indeterminato mantenendomi grazie alla mia passione più grande, la scrittura. Un vero sogno diventato realtà, dopo anni a vagare cercando la mia strada.
6. Ribellione, sogno, libertà, amore: sono le parole, quindi i concetti, che ritornano più spesso nel libro. Sono ancora queste le parole che caratterizzano la tua vita oggi? Se ne sono aggiunte altre?
È un’ottima domanda. All’inizio del mio percorso la parola chiave era ribellione, poi è diventata sogno, infine libertà. Oggi posso dire con certezza che alla base di tutto c’è l’amore. Non solo quello che provo verso Claudia, che è e sarà sempre la più grande fortuna della mia vita, ma anche quello che ho imparato a provare per me stesso, per il prossimo, per questo incredibile mondo che abitiamo e per la vita in generale. Per me una vita senza amore (ribadisco, non solo quello romantico) è una vita sprecata.
7. Nel libro mi ha anche colpito il rapporto intenso tra te e la tua compagna Claudia, la totale condivisione di una visione su come vivere e di un’attitudine alla vita generale. Che valore hanno avuto un supporto e una complicità così forti nel tuo cambiamento di vita? Credi che senza sarebbe andata allo stesso modo?
La relazione con Claudia ha avuto un ruolo vitale e fondamentale nel mio percorso. Non ho nessun problema a dire che senza di lei non saremmo certamente qui a scriverci e non avrei ottenuto tutto ciò che sono riuscito ad ottenere. Io, come tanti altri giovani italiani, non godevo del supporto di nessuno: né nella società, né della famiglia, né degli amici, né delle istituzioni in generale. Ma ho avuto Claudia a spronarmi e a supportarmi ogni maledetto giorno, specialmente nel periodo in cui provavo senza successo a trovare un lavoro online. Lei era sempre lì, a volte con le sue parole (che sono sempre forti e ti entrano dentro per restarci), a volte con i suoi gesti, a volte con un sorriso.
Ma Claudia è stato ed è molto più di questo: è una compagna di vita straordinaria. Sono attratto da lei in tutti i modi possibili e immaginabili. È la mia anima gemella. L’amore che alimenta la nostra relazione è lo stesso che caratterizza la storia tra Luca ed Emma, i protagonisti del mio primo romanzo “Come una notte a Bali”. Volevo scriverlo anche per questo motivo, per raccontare l’amore tra me e Claudia attraverso una storia.
8. Adesso ti faccio una domanda un pochino antipatica e pungente. Nel libro, mi è capitato spesso di pensare che tu abbia un’idea dei tuoi connazionali, giovani e meno giovani, come di persone frustrate, ingabbiate in una vita di non scelte. Sempre che io abbia percepito bene, non pensi che in certi momenti questo tuo ritratto sia un po’ svilente? Non pensi che possa esistere una vita felice, o almeno serena, anche per coloro che hanno scelto di non ribellarsi a niente?
Sapevo che c’era il rischio che molti lettori giungessero a questa conclusione leggendo il mio libro. In realtà io sono convinto che la felicità abbia una forma diversa per ognuno di noi e non mi permetterei mai di dire a una persona: “Cos’hai da essere felice? La tua vita fa schifo”. Non potrei nemmeno mai pensare una cosa del genere e sono ben consapevole del fatto che per molte persone il posto fisso, la vita in città, la comfort zone, la partita la domenica e la routine sono sinonimo di felicità. Io non giudico chi sceglie una vita tradizionale, ma non posso nemmeno far finta che in Occidente tutto vada alla grande e la gente scoppi di felicità. Perché non è così, almeno nella mia città (Torino): ogni volta che ci torno, vedo facce tristi e grigi come i palazzi che oscurano il cielo e coprono la vista delle montagne, un tempo imponenti, che osservavo affascinato da bambino. Il discorso è lungo e un po’ complesso ma per rispondere alla tua domanda posso dire questo: sei felice? Allora hai vinto, non mi importa che vita fai. Ma diciamoci la verità, quante persone sono davvero felici e soddisfatte della loro vita in Italia? Abbiamo tutto per esserlo, ma io vedo tanta desolazione quando torno nel mio paese. E visto che un tempo anche io ero una persona spenta, piena di rancore e sfiduciata, attraverso il mio blog e i miei libri provo ad avanzare un dubbio: non è che la causa è proprio in questa “normalità” che ci viene venduta fin da quando siamo piccoli come l’unica strada possibile? Non è che, forse, questa vita “giusta” che ognuno di noi insegue non appena si trova nel mondo degli adulti è in realtà una grande fregatura?
9. Mentre leggevo il libro, mi sono sentita vicina al tuo modo di pensare a volte, lontana altre volte. Forse è perché io stessa mi sento costantemente in bilico tra il desiderio di una vita totalmente libera, e quello di una vita stabile, fatta di routine confortanti e relazioni durature. È l’eterna altalena su cui io e molti altri come me dondoliamo da sempre. Pensi che siano due desideri impossibili da conciliare?
Io credo che la vera libertà sia uno stato mentale. È uno di stile di vita, un comportamento. La libertà deve nascere nella tua testa, ma a molte persone manca questo primo e fondamentale step. Così è impossibile diventare liberi fisicamente. Anche se potrebbe sembrare il contrario visto che sono un nomade digitale e viaggio molto, io sono convinto che una buona vita sia una basata sull’equilibrio. Essere sempre in viaggio, non poter coltivare relazioni importanti e non godere di alcuna routine non è la soluzione, almeno sul lungo periodo.
Io stesso giro per il mondo ma ho anche una serie di “basi” dove conduco una vita molto tranquilla e per certi versi abitudinaria. L’equilibrio è alla base di tutto e si raggiunge quando diventi una persona libera mentalmente. A quel punto riesci a organizzare la tua vita in modo da lavorare senza essere schiavo del lavoro, avere tempo libero da valorizzare e non sprecare, avere spazio solo per te e spazio per le persone per te importanti, poter viaggiare e poterti fermare. Non è facile realizzare una vita equilibrata ma questa “eterna altalena” è, secondo me, una questione prettamente mentale, non fisica.
10. E per quanto ti riguarda? Credo che un giorno avrai voglia di tornare alle “regole” imposte dalla società? O altrimenti, come ti piacerebbe vederti nel futuro?
Non credo che sarei in grado di tornare a una vita fatta di regole e abitudini assurde, lavori alienanti e pochissimo tempo libero. Ho scelto una strada alternativa, tanti anni fa, sapendo che sarei andato incontro a isolamento, solitudine, giudizi, critiche e incomprensione. Sapevo che era una strada a senso unico, perché avrei superato velocemente il punto di non ritorno. Faceva paura ma ora sono assolutamente convinto di aver preso la decisione giusta. Anche perché viaggiare mi ha mostrato realtà alternative e molto intriganti, che nulla hanno di digital e in cui potrei comunque “rifugiarmi” se tutto dovesse andare male.
Nel futuro mi piacerebbe vedermi sempre con nuovi sogni e progetti, ma io non penso molto al futuro. Lavoro per costruirmene uno perché sarebbe da incoscienti non farlo, ma non lo do per scontato. C’è una canzone dei Nirvana (una delle mie band preferite) che si chiama “On a Plain”. Quando la cantava dal vivo, Kurt Cobain modificava un pezzo del testo, che diventava: “Il giorno migliore che abbia mai avuto è quello in cui non c’era domani”. La gente intende questa frase in modo molto negativo (vista com’è finita la vita di Kurt) ma io l’ho sempre interpretata diversamente: le giornate davvero importanti sono quelle in cui del domani non ti interessa nulla. Potrebbe anche non esserci, a te non importa perché il presente che vivi è… tutto!
11. Lascia un ultimo messaggio alle persone “indecise”, a quelle che si sentono un po’ in gabbia e non sanno come uscirne, a quelle che non hanno ancora trovato le proprie coordinate della felicità.
Impara ad ascoltarti. Chiunque tu sia, ovunque tu sia, posso assicurarti che se vuoi cambiare vita ma sei bloccato/a è solo perché non hai la minima idea di cosa vuoi. Chi ha le idee chiare e vuole cambiare, cambia. Perché sa già la direzione giusta. La confusione, invece, genera ansia e depressione. Essere confuso/a è l’ultima cosa che dovresti volere. Dammi retta: il vero obiettivo non è cambiare vita, ovvero modificare gli aspetti esterni. Il primo, grande obiettivo è cambiare dentro. Riuscire ad avere una mente pulita e ordinata. Quando riesci in questo processo, prima di tutto stai già meglio. E poi hai finalmente chiaro quello che devi fare per seguire le tue coordinate della felicità. È impossibile farlo se nemmeno riesci a capire quali sono. 🙂
INFO SUL LIBRO
–Titolo: Le coordinate della felicità
–Autrice: Gianluca Gotto
–Editore: auto pubblicazione
–Anno di pubblicazione: 2018
–Luoghi toccati: Italia (Torino), Australia, Canada, Isole Canarie, Sud Est Asiatico.
–Lo consiglierei a: chi si sente incastrato in qualcosa a cui sente di non appartenere e cerca l’ispirazione al movimento.
–Non lo consiglierei a: chi ha già trovato le proprie coordinate della felicità o a chi prova segretamente invidia per i nomadi digitali.
Hai mai letto Le coordinate della felicità di Gianluca Gotto? Cosa ne pensi del libro, e quale dei concetti espressi da Gianluca nell’intervista ti appassiona di più? Raccontamelo con un commento! 🙂
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