Un post scritto di getto, molto intimo, molto di cuore: ecco cosa capita dopo il ritorno dall’Australia, soprattutto a quelli come me che l’hanno tanto amata!

Oggi vorrei raccontarti un po’ cosa significa, almeno basandomi sulla mia personalissima esperienza, tornare a casa dopo un anno in Australia.
Il ritorno dall’Australia a casa ha profondamente influenzato la mia vita negli ultimi 3 mesi e mi ha fatto provare cose che non avevo mai provato in vita mia e che, in certe accezioni, non auguro a nessuno.
Questo post è molto lungo e molto intimo, molto di cuore. Non ha capo né coda, non ha trama né una conclusione logica. È solo uno sfogo fine a se stesso. Ma mi farà piacere se lo leggerai, perché è qualcosa che ho bisogno di condividere, finalmente.
Eh sì, perché oggi sono in Italia proprio da 3 mesi.
Sabato 28 marzo, alle 13 circa, appoggiavo i piedi sul cemento della pista di Malpensa. Mi ricordo perfettamente quel momento, come se fosse ora: ho camminato verso il ritiro bagagli, sono andata a rinfrescarmi un po’, poi ho preso la mia pesantissima valigia rossa e sono andata a fare una fila (lunga e lentissima) per la visione del passaporto: un solo sportello per controllare tutti i passaporti dell’UE, e noi lì in attesa.
Facevo le cose un po’ per inerzia e il mio cervello sembrava galleggiare su una nuvola. Dov’ero? Perché ero lì? Perché tutte queste persone parlano italiano? Perché la mia pelle è insolitamente più scura di quella di tutti gli altri? Fuori da quella porta, 5 volti trepidanti mi stavano aspettando. La mia mamma e il mio babbo non li vedevo dal 26 agosto; mio fratello, la mia migliore amica e il mio migliore amico da un anno. Un anno intero. Un anno così ricco e denso e incredibile che non so se a chiamarlo semplicemente “anno” gli do l’importanza che merita.
Loro mi aspettavano con un cartello stupido raffigurante la mia faccia su un corpo da canguro, poi un mazzo di fiori, una bottiglia di spumante, tanti sorrisi e abbracci. Mi sono lasciata prendere e ho sorriso, e parlavo a voce alta e isterica e ho bevuto lo spumante tutto d’un fiato, e avevo gli occhi a palla (non solo per il sonno, ma anche) per l’incredibile emozione di vivere un momento unico, irripetibile, totalizzante.
Sono salita in macchina con Catia e Walter e siamo andati a Milano, a mangiare una pizza. Sì, la pizza, perché sono italiana punto e basta. Sono arrivata in Piazzale Loreto, dove ho abitato per due anni, e avevo gli occhi impazziti e il cuore pure. Camminavo spavalda, mi sentivo a casa e a mio agio, è tutto molto bello. Prendiamo un gelato e all’improvviso compaiono altri 3 volti: due amiche e un amico che Walter aveva chiamato per farmi una sorpresa. Abbraccio, sorrido, non so cosa dire, mi sento strana: è assurdo pensare che un anno fa ero di fronte a queste persone e ora lo sono di nuovo, eppure sono una persona completamente diversa. Una sensazione agrodolce, e non so se mi piace.
Sono in balia dei momenti, forse anche un po’ del jet lag, e mi lascio letteralmente trasportare, per il braccio e per la mente. Saluto Walter e gli altri e saliamo in macchina per tornare a casa. A “casa”.
Casa, che strano.
In macchina ci divertiamo un sacco, facciamo tanti giochi stupidi, Filippo fa il coglione, i miei mi fanno ridere, Catia è divertente come sempre, sono concentrata sui giochi, ci fermiamo all’autogrill e mi emoziono (o faccio finta di? Non so) di fronte ai prodotti tipici italiani incartati sottovuoto. Poi mi addormento, esausta e completamente arresa al mal di fuso.
Arriviamo a casa. Scendiamo dalla macchina e scarichiamo la valigia. Perché non saliamo dalle scale esterne? Ma no, passiamo da sotto, dalla taverna. Va bene, non fa niente. Mi lasciano aprire la porta, e qualcuno da dentro accende la luce.
Forse per gli altri no, ma ai miei occhi è stato un vero e proprio tripudio. Di colori, di suoni, di voci, di profumi, di luci.
Di volti. 5, 10, 15, 20 volti. Sorridenti, alcuni emozionati. Io sono come travolta, scoppio in una risata un po’ isterica, riesco a dire solo no no no, cioè vabbè no, volto loro le spalle e torno indietro, i miei mi rispingono dentro, e questa scenetta si ripete altre due volte. Vado ad abbracciare l’altro mio fratello, che mi aveva un po’ deluso per non essere venuto all’aeroporto, e invece era rimasto a casa per organizzare tutto. Abbraccio fortissimo i miei nonni con gli occhi lucidi, il mio cane impazzito per tutte quelle presenze, e uno a uno i miei (pochi) amici e i parenti. Al muro un mega striscione fatto da Linda, e un sacco di tutto quel cibo che ho sognato per mesi: la divina zuppa di pane di mia nonna, i mitici messicani, la mortadella, le torte salate di mia mamma che amo, e poi che ne so, un sacco di roba. Ho lo stomaco completamente chiuso e il cuore completamente aperto. Accogliente, ed esposto. Dopo un po’ Catia mi porta fuori con una scusa e al buio sento la voce di Walter, corso in macchina da Milano poco dietro di noi per l’ennesima, stupenda sorpresa. Il cerchio si chiude e siamo tutti qui.
Una bella serata, di quelle che piacciono a me, con un gran vociare e risate che risuonano e profumi di casa e tutti che sembrano contenti. Abbraccio tutti e ringrazio, nella mia testa, per un benvenuto di quelli che non potevo neanche immaginare, senza sbavature e capace di donarmi attimi di felicità, che forse mi servivano proprio.
…………….
È il buon tempo. Che dura esattamente 4 giorni dal mio ritorno dall’Australia. Sabato, domenica, lunedì, martedì. Giorni in cui vedo altri volti, abbraccio altre persone, mi vedono dimagrita e abbronzata, io mi godo tutte le piccole attenzioni e tutto quello che non ho potuto avere in un anno via e in due mesi on the road. Sorrido beata, mi sveglio intontita ma piena di buone speranze, cammino quasi molleggiando, mi guardo allo specchio per riconoscere questa nuova me in un contesto vecchio, per capire se ci si può adattare. È tutto nuovo e allo stesso tempo tutto così familiare.
Il venerdì, all’ora in cui una settimana prima stavo salendo sull’aereo Emirates, c’è questo esatto momento in cui mi rendo conto che qualcosa non va. Esco per la prima volta con Seppy, una delle mie migliori amiche che non era potuta venire alla festa del ritorno. Decidiamo, senza neanche pensarci troppo, di andare al nostro “solito” bar. Al parcheggio incontro un mio vecchio amico, ci abbracciamo ed entriamo nel locale insieme. Seppy va al bancone a prendere i mojito, io rimango con lui. Che mi chiede: “Allora, com’è andata?”.
Io me l’aspettavo da tanto questa domanda, me la immaginavo e non sono mai riuscita a capire cosa avrei dovuto rispondere. Ne parlavo con le amiche in Australia e dicevo loro: “Cosa dirò? Come si fa a rispondere a questa domanda? Come farò a riassumere tutto questo intero mondo in una risposta?”
Ho risposto “Bene”.
Bene. Che cosa potevo dire? Sarò forse stata troppo arrogante? Questo “bene” mi ha svuotato, in un colpo solo. Non avevo niente da dire eppure avevo così tanto, così tanto, una cosa immensa tutta appollottolata nel mio stomaco, e invece ho detto solo “bene”. Rimaniamo lì in piedi, appoggiati al frigo delle birre, un po’ in silenzio, io che mi guardo intorno, cercando di intavolare una blanda conversazione. Seppy torna, salvandomi, ci sediamo e beviamo il mojito. Lei mi racconta del suo viaggio di lavoro appena concluso. La ascoltavo e notavo, con sorpresa, di quante cose lei avesse da raccontare su un viaggio di lavoro di una settimana dopo un anno senza vederci, e invece io non sapevo dire niente del mio anno via. Quella sera, e tutte le altre (fino ad adesso) non sapevo come cominciare, da dove cominciare, cosa raccontare, quali episodi divertenti o interessanti tirar fuori, un blocco totale, perché alla domanda “Com’è andata?” uno non sa proprio che rispondere.
Poi la serata continua, arrivano dei suoi amici e quella scena, capitata ormai quasi 3 mesi fa, ce l’ho proprio davanti agli occhi adesso, come in uno schermo: loro che parlavano di fronte a me, ridendo, e intorno a noi decine e decine di persone che vanno e vengono, sedute ai tavolini o in piedi al bancone, parlando a gruppi, un gran vociare, tante risate, vestiti e tacchi, cocktail ovunque, suoni di bicchieri che s’incontrano, un normalissimo caos da venerdì sera. Vedevo tutto come se fosse un vortice di cose e persone che girava velocissimo intorno a me, mentre io rimanevo lì in mezzo, completamente immobile, con la bocca un po’ aperta come uno stoccafisso, la mente un po’ annebbiata e un solo, unico pensiero al neon: ma cosa diavolo ci faccio qui?
Ma ti è mai successo? Non sembra solo una stupida scena da film? Non sembra che stia esagerando per romanzare tutta la storia? Ma hai presente?
Io non avevo presente,
io non pensavo che sarebbe stata così. Prima del mio ritorno dall’Australia io non pensavo proprio niente, a dire il vero, e di sicuro, tantomeno, non a questo. Non volevo farmi aspettative su questo ritorno, e anche se avessi voluto non avrei saputo cosa aspettarmi, di preciso, perché non avevo proprio idea di come sarebbe potuto essere, nonostante i tanti racconti degli altri.
Questo, è stato. Un vortice di emozioni, all’inizio belle, poi insomma, poi bruttine, poi devastanti. Per un periodo abbastanza lungo ho pianto almeno una volta al giorno. Mi sentivo…fuori posto. So che sembra superficiale da dire, eppure è un’emozione davvero lancinante: fuori posto come amica, come figlia, come sorella, come venticinquenne, come cittadina italiana, come disoccupata. In tutti i sensi, mi sentivo difettosa. Non so, è difficile da spiegare. Naturalmente, c’entra di sicuro il fatto che dopo 6 anni e 7 mesi sono tornata ad abitare coi miei genitori, e questo è a dire poco destabilizzante, soprattutto per una come me che ha sempre cercato i propri spazi a tutti i costi.
Ho cercato di essere tranquilla, serena, paziente. Di non pretendere di avere un lavoro subito, la mia libertà subito. Ho passato anche dei bei momenti, per carità, a tratti bellissimi. Ho apprezzato la compagnia dei miei cari. Ho fatto pochi e minuscoli lavoretti che hanno innalzato la mia autostima e la mia voglia di affermazione di un centesimo. Ma poi ogni minima cosa mi faceva ritornare nel mio piccolo baratro. Credo di aver sfiorato la depressione, o una cosa simile, non lo so. Non mi sento di fare la melodrammatica perché non è nel mio stile. Ma sono stati momenti brutti.
La cosa che più mi fa stare male è provare questa irrefrenabile spinta ad allontanarmi a tutti i costi da questo posto. Il posto dove sono cresciuta, dove ho vissuto infanzia e adolescenza. Dove vive la mia stessa famiglia. Io non saprò mai spiegare a parole quanto sia brutta, brutta, brutta la sensazione di volersi allontanare dal luogo dove c’è la tua famiglia e dove sei cresciuta. È una cosa terribile.
Ma io devo accettarlo, è questione di sopravvivenza. E pensi sia semplice pesare di nuovo sui tuoi ai 26 anni, anche se solo per qualche mese? Pensi sia semplice riabituarsi a quello che c’era prima, anche se tu sei tutta un’altra persona? È come entrare nella vita di un’altra persona, e tu non c’entri assolutamente niente. E pensi sia semplice essere completamente in balia di sbalzi d’umore allucinanti, ogni minuto? E pensi sia semplice, porca troia, aver vissuto un anno a duemila all’ora, e poi tornare e qui tutto sembra fermo, immobile, uguale a prima? Ritrovarsi in un luogo -fisico e mentale- che non riconosci proprio più? Pensi sia bello provare tutte queste emozioni negative per il tuo cazzo di meraviglioso, terribile Paese? Avere il timore che i tuoi genitori pensino che magari il problema siano loro? Sentire di stare per perdere completamente tutte le conquiste dell’anno australiano, perché sto regredendo, in un’involuzione senza fine che mi rimpicciolisce e basta?
Tornare nei posti di sempre. Dove tutto scorre uguale a se stesso e invece tu vorresti urlare, vorresti correre, velocissimo. Dove la gente neanche ti chiede le cose, neanche ti chiede l’Australia com’è, neanche vuole vedere due foto, basta chiedere “com’è andata?” e quella tanto al massimo risponde “bene”, ma tanto chi se ne frega? È la sua vita, non la mia, le fotografie che se le guardi da sola. E poi io quando penso a queste cose mi sento anche una persona arrogante.
Sono passati tre mesi. Il peggio credo sia passato, adesso sto meglio. Sono tranquilla e non piango più ogni giorno, credo. Le persone speciali, sono loro che fanno sempre la differenza. Ma tutto questo mi fa anche paura. Perché vuol dire che magari mi sto dimenticando, di quell’anno così diverso, così importante. Tutto quello che ero lì non lo sono più, di nuovo. Tutte le paure che lì avevo perso stanno pian piano tornando, e i miei limiti scomparsi si stanno riaffacciando, e sto lentamente tornando a essere la persona che ero prima di partire. E io non mi piacevo, prima. Io mi piacevo in Australia. E non ci posso proprio credere che ormai sono passati già tre mesi (e a me ne sembrano trascorsi 20), e tutto sta tornando normale anche per me (per gli altri lo è sempre stato), e piano piano l’Australia finirà in quel famoso cassetto dei ricordi, un giorno smetterò di guardare le foto e mi dimenticherò dei volti, dei luoghi, delle sensazioni. Tutto tornerà completamente come prima e di quella vita rimarrà solo il ricordo, solo un fottutissimo ed inutile ricordo.
E forse è questa la cosa che mi fa più male, quella che non riesco ad accettare.
So che la faccio molto tragica, in fondo non è mica morto nessuno. Ma per me l’Australia è stata vitale, il sogno di una vita che mi ha dato così tanto. E questi tre mesi dal ritorno dall’Australia sono stati davvero, davvero difficili. E quello che ora m’importa di più e fare di tutto perché quella che ero non venga persa del tutto. Perché era esattamente quello il modo in cui io voglio essere.
[Tweet “Il ritorno a casa da un luogo che abbiamo amato…può far male.”]

iofonta
Giugno 30, 2015Ho due cose da dire.
1. So perfettamente come ti senti. E non perché io sappia com’è tornare dall’Australia. Quello te lo dirò più in là. Ma perché so com’è tornare in una realtà dove ci si sente fuori luogo. Io mi sento fuori luogo nel mio paese ogni volta che ci torno, da anni.
2. Non tornerai mai indietro. Non dimenticherai mai. Si ok, dimenticherai qualche nome, qualche paese è che bus dovevi prendere per andare in spiaggia. Ma non dimenticherai mai le sensazioni. Le avventure. La realtà. E tornare quella che eri….. Naaaa. Non sarai neanche la stessa persona che eri in Australia bada bene. Non potrai esserlo. Perché non sei qui.
Ma sei cosciente di tutto ciò. E per quanto faccia male, è così che andrai avanti, invece che tornare indietro. E se ti serve allontanarti per stare meglio, beh, il mondo offre tante possibilità.
Bacio
Giovanni Vincelli
Luglio 2, 2015Capita anche dopo un campeggio di una settimana, figuriamoci dopo sette mesi all’estero. Solo che essere se stessi all’estero è più facile
I'll be right back
Luglio 5, 201512 mesi in realtà *_* è proprio vero, quando cambi aria e vai a vivere in un posto nuovo, senza nessuno che ti conosce e spoglio delle tue solite abitudini, hai la possibilità di iniziare da capo e essere praticamente qualsiasi cosa tu voglia essere!
Giovanni Vincelli
Luglio 6, 2015Già
trentazero
Luglio 9, 2015Mi hai colpita al cuore.
Io anche mi piacevo in Australia.
I'll be right back
Luglio 9, 2015Lo so bene, si capisce benissimo da quello che scrivi… E condivido ogni tua singola parola. Pensa che la tua avventura non è ancora finita! Sta solo cambiando scenario, non succede nulla di male, vedrai 🙂
drketchup
Agosto 5, 2015ecco, vabbè, sono qui a piangere dopo aver letto il tuo articolo. tutto molto vero, tutto troppo vero. la prima volta che sono tornata dall’australia è stata un’agonia. la seconda volta leggermente meglio, s’impara credo, a gestire quella sensazione di disarmo che si prova a casa dopo aver passato qualche mese nella terra dei canguri. una cosa però non cambia mai, almeno per me, la consapevolezza che stavo parecchio meglio down under. per giunta cogliona che sono tornata a casa anche la seconda volta.
I'll be right back
Agosto 5, 2015Come la seconda volta??? Io non credo che riuscirei a tornarci (se non per una vacanza) con la consapevolezza di dover tornare indietro un’altra volta. Ma poi in fondo credo che il mio problema sia stato il ritorno in sé. L’Australia la amo e l’ho amata tanto ma, vista la mia situazione, probabilmente avrei avuto un trauma post-ritorno da qualsiasi posto sarei dovuta tornare. Viene solo voglia di ripartire e basta!
Grazie per aver letto, mi fa piacere tu ti sia potuta immedesimare nelle mie parole (anche se in una sensazione così brutta)!
drketchup
Agosto 5, 2015ho studiato in australia qualche anno fa. lo scorso dicembre ho fatto un solo andata ed ero di nuovo là eheh. anche stavolta dopo qualche mese però sono tornata, la vita chiama a certe responsabilità.. ma il passaporto è sempre qui sulla scrivania, pronti e via! 😉
Claudia B. Voce del Verbo Partire
Agosto 3, 2016E adesso da dove comincio? Cioè, io non è che oggi voglio intasarti la casella dei commenti…e magari non vorrei nemmeno passare da stalker, ma non posso leggere, piangere e passare oltre. Insomma devo sul serio dirti la mia!
Premettendo che soffro di “dito logorroico”-scrivo tanto- cercherò di essere breve: AH PERÒ! Traduco: non sono sola a questo mondo.
No, io non sono andata in Australia, quindi non mi riferisco a quella meta particolare; ma ciò che tu dici, è ciò che io provo e vivo al ritorno dai miei viaggi. OGNI SINGOLA COSA. SEMPRE.
San Martino Campanaro -per citarne uno a caso- quando hai parlato dell’incapacità di descrivere un’esperienza totalizzante, la mancata volontà degli altri di ascoltarti…il tuo rispondere perennemente “bene”, sono saltata sul divano! Sembra la storia dei miei 14 anni di viaggi ed esperienze!!!
Poi ti chiedono perché apri un blog: eccheccavolo, almeno posso parlare apertamente dei viaggi, senza limiti, senza riassumere quei momenti di vita vera, con un bene! E, se ho culo, capace pure che qualcuno mi legga e tragga ispirazione…
Da quando mi sono sposata e ho la mia casetta, ho in qualche modo risolto la questione indipendenza, ma ricordo perfettamente quel sentirsi fuori posto, inadeguati, persino inconsolabili nei confronti della realtà e delle persone.
Ora, quantomeno, posso auto-leccarmi le “ferite” con i miei tempi e i miei metodi.
Ma ciò che scrivi è talmente vero, reale, palpabile (e condiviso) da colpirmi come una stilettata….
Claudia B.
Agnese - I'll B right back
Agosto 5, 2016Ahah tranquilla, non passi assolutamente per stalker Sono contenta da una parte è dispiaciuta dall’altra che tu possa rispecchiarti in queste mie parole. La sensazione di non essere ascoltati, di non fregare a nessuno quando vorremmo raccontare le nostre esperienze col cuore a mille è veramente brutta, molto deludente. Figurati quanto questa cosa può avermi colpito dopo un anno via! Ci sono ancora cose che non ho mai raccontato, e mai c’è stato qualcuno che me le abbia chieste. Dobbiamo renderci conto che non siamo al centro del mondo di nessuno, e che la nostra esperienza potrebbe anche non interessare a nessuno…a noi sembra incredibile, ma è così!!
Sicuramente aprire un blog, in questo senso, è stato per me una vera e propria salvezza: finalmente qualcuno che “ascolta” e, soprattutto, capisce di che cosa diavolo stai parlando!! È stata una delle scelte più azzeccate della vita, guarda!!
Grazie per questo bellissimo commento, un abbraccio 🙂
Carlotta
Agosto 20, 2018Ciao Agnese! Ho letto la tua storia e mi sono venute le lacrime agli occhi… anch’io sono stata un anno in Australia tra il 2015 e 2016 e poi tornata. Amavo le sensazioni del viaggiare soprattutto in un posto come l’Australia,amavo l’indipendenza che avevo, mi sentivo invincibile anche se facevo un lavoro (anzi 3) e una vita che non mi piaceva, però l’indipendenza quella… si. Non vivrei in Australia ma sono stanca di vivere come prima che partissi. Mi sembra tutto così inutile. Come è andata? Sei tornata in Australia o sei felice qui? Grazie di aver scritto questo articolo. Grazie davvero!
Agnese - I'll B right back
Agosto 22, 2018Ciao! Grazie mille a te per averlo letto, anche se sono state emozioni non troppo felici è importante sapere che c’è qualcuno che può capirle 🙂
Esatto, è proprio quell’indipendenza che mi è mancata (e che ancora mi manca); non solo economica, ma anche mentale, di cuore. La sensazione di poter essere tutto ciò che si desidera. Sono passati più di tre anni ma sono sensazioni ancora ben tangibili nella mia mente!!
Dopo che sono tornata ho vissuto un anno difficile a casa, non riuscivo a trovare il mio posto. Così sono partita per altri 15 mesi in Nuova Zelanda, questa volta con il mio ragazzo. Questa nuova esperienza mi ha sicuramente salvato la vita 🙂 Ora sono tornata a casa da circa 11 mesi, le cose non sono sempre facili e il ricordo dell’Australia è ancora molto vivido, però le cose vanno meglio 🙂
Raccontami la tua storia se ti va!!
WILL
Aprile 18, 2019Ciao, sei ritornata in Nuova Zelanda? Io ho la mia storia da raccontare, così come voi e malgrado i tanti consigli non sempre vengo capito, magari un vostro commento, di chi come me ha vissuto questa esperienza, potrà’ farmi riflettere un po’.
Sono partito ad agosto per l’Australia, un sogno che si avverava, un sogno di una vita (premettendo ho 27 anni e sognavo la terra dei canguri da 7/8 anni) e poi coraggio e forza di volontà’ feci i biglietti esclamando “sto andando in Australia (sola andata), ci vediamo non so quando ” … nel frattempo mentre aspettavo il mio viaggio, la vita mi ha portato la mia ragazza con la quale vivo uno splendido rapporto di amore e complicità’. Detto ciò, direzione Milano, lasciai lei in stazione piangendo, con il progetto di raggiungermi a Sydney di li a qualche mese. Il viaggio fu devastante e i gg di viaggio un calvario. Una volta atterrato, all’aeroporto c’era mio cugino, cittadino australiano oramai da 40 anni, il quale ha ospitato da lui per i successivi mesi, dandomi davvero tutto, da un alloggio, alla macchina, alla moto e tante dritte e non smetterò mai di ringraziarlo per tutta la pazienza. Ma stavo male, mi mancava casa, ma soprattutto la mia ragazza, vedevo tutto distorto perché in Italia sono geometra e lavoro con i miei fratelli nell’azienda “famigliare” nel settore dell’arredamento. Mentre li lavoravo per altre aziende artigiane, partendo da zero, come ero partito già tante volte, facendomi strada durante gli anni ( con la gravante che mi perdevo un casino di volte per la strada di casa ahahahha ). Ero sempre combattuto tra tornare a casa o restare (restare per cosa? mi chiedevo. Tutto bellissimo, soldi sempre in tasca , imparo l’inglese e tante possibilità’) … a distanza di 3 mesi sono rientrato in Italia, confidando nel portare l’azienda con i miei fratelli sin in Europa, ma rientrando mi sono scontrato con i vari problemi che avevo lasciato qui e che mi avevano portato a scappare quasi. Mesi di down, di scoraggiamento e problemi di coppia (perché non ero più lo stesso, ero spento e vuoto, quell’esperienza mi aveva cresciuto, ma anche distrutto). Ma la voglia dell’Australia era sempre li , nella testa e tutti i miei sforzi, andavano in fumo, il mio sogno in un incubo. E mi sono molto incolpato di non essere stato in grado di gestire al meglio quella situazione che poteva essere un treno per me.
Ora sono qui, tornato da 5 mesi, con la paura di partire e quindi di restare perché potrei puntare tutto sull’azienda (che attenzione, non sono io il titolare attuale, io è come se fossi un dipendente con più agio e libertà di movimento, ma che comunque gestisce progetti, sito, pubblicità sui social e altro) (ma il conto scende e ogni giorno provo a ricercare nuovi clienti) da un lato e dall’altor lato, la voglia di andare altrove, con la mia ragazza adesso ( per le nuove esperienze, una nuova vita, un nuovo me, posti, lingua e un crescere continuamente) ma tornare in Australia per lavorare in una terra, con visti limitati e tanto sacrificio tra farm, bar, cose non mie, con la consapevolezza che vorrò tornare in Italia? e poi? cosa faccio se abbandono di nuovo? se vado ad oggi altrove, non ho un obbiettivo concreto.
Scusate la lunghezza 😀
e voi cosa ne pensate? cosa fareste al posto mio?
Agnese - I'll B right back
Aprile 23, 2019Ciao Will! Ho letto la tua storia con molto interesse, perché ognuno di noi ne ha una da raccontare e tutte valgono la pena di essere ascoltate. È difficile, però, dare una risposta alla tua domanda “cosa fareste al posto mio”: siamo tutti diversi! Non ti conosco e non conosco la tua situazione, anche se me l’hai raccontata bene. Il fatto è che potrai chiedere e ascoltare migliaia di consigli da persone diverse… ma, alla fine, lo sai solo tu dentro al tuo cuore quello che veramente DEVI fare per te stesso, per il tuo presente. Senza pensare al passato o al futuro: si vive ora!
Qualsiasi cosa tu scelga di fare, ti mando un grossissimo in bocca al lupo!
Michele
Settembre 12, 2019Tornato in Italia dopo 4 anni intensi in Australia. Ottenuto con sacrificio la tanto desiderata residenza. Tuttavia dopo il ritorno vivo una situazione di persona indefinita. Quando sei qui vuoi essere là. Quando sei là vuoi essere qui! Mi ritrovo con le vostre emozioni. Spero di riuscire a trovare una nuova luce,
Agnese - I'll B right back
Settembre 28, 2019Hai proprio ragione, è esattamente quello il punto! Sentirsi benissimo e allo stesso tempo fuori posto, in entrambi i casi. Ci vuole un po’, ma spero davvero che tu possa trovare il giusto equilibrio per te!! Forza 🙂
Maria Sergevtseva
Aprile 27, 2020Ciao! Grazie mille del tuo post così sincero e pieno di emozioni. Io ho provato le emozioni molto simili quando sono tornata dall’Italia a Mosca dopo 3 anni dello studio. Ma forse non ero così sincera per accettarle. Cercavo di convincermi che andava tutto bene. Io invece mi sentivo tra due mondi, è stato davvero difficile riadattarmi e fin ad adesso mi ricordo come ero in Italia e nelle certe cose mi piccio di più. Adesso sono passati 2 anni dal mio ritorno e sto pensando di partire di nuovo, quando e come non so, ma il cuore mi chiama e sto cercando delle opportunità. Grazie ancora e un abbraccio forte! P.s.: Non so quando sia stato scritto questo tuo racconto, non vedo la data, ma spero che adesso stia bene ovunque tu sia.
Agnese - I'll B right back
Maggio 18, 2020Ciao Maria, grazie mille per questo tuo bellissimo messaggio! È difficile far capire come ci si sente, a chi non l’ha mai provato, ma so che tra noi c’è solidarietà. 🙂 Non so come si faccia a “guarire” da questa continua voglia di nuove opportunità, forse non si può (e non si deve) guarire mai! Io spero che tu riesca a trovare la tua nuova opportunità perfetta per il tuo futuro. 🙂 Quel post risale a qualche anno fa, nel frattempo sono successe tantissime cose… Ma quelle sensazioni me le ricordo ancora come se fosse ieri!
In bocca al lupo 🙂